La passione, fortunatamente sempre più diffusa per l’outdoor sta provocando importanti cambiamenti nell’approccio a queste attività: sono molti, e si spera diventino sempre di più, i lavori in corso per costruire trekking e cammini per tutti. Ma bisogna capire bene cosa c’è da fare.
Oggi, a buon diritto, molti vogliono vivere le emozioni e il benessere che il trekking, i cammini e, in generale, il movimento all’aria aperta sanno apportare. E se picchi alpini e itinerari di alta quota – per non parlare delle cime himalayane – restano giustamente consigliati ai soli esperti, altri tipi di percorsi si trovano a fare i conti con frequentatori dalle necessità diversificate, alle quali è necessario offrire risposte adeguate e attendibili.
Dal punto di vista pratico, c’è da lavorare essenzialmente su tre fronti: percorribilità delle tratte, accessibilità delle strutture ricettive, presenza e accessibilità di adeguati servizi.
Sono condizioni essenziali. Ma è altrettanto indispensabile operare su un piano culturale, in particolare sotto tre aspetti.
Il primo è un approccio a 360 gradi al tema dell’accessibilità: quasi tutti tendiamo ad identificarla con una passerella al posto di un gradino o un maniglione accanto ad un servizio igienico. Sostanzialmente, ad identificare l’accessibilità con la disabilità motoria. Esistono, invece, una serie di esigenze/caratteristiche di vario tipo – dalle allergie alla necessità di segnaletica acustica – che appartengono ad una platea molto più vasta: anziani, famiglie con bambini, persone che si infortunano temporaneamente, ipovedenti, celiaci. Nella costruzione di un Cammino o di un percorso di trekking che voglia dirsi pienamente accessibile tutte queste esigenze vanno considerate.
Il secondo è capire e credere che con le condizioni giuste si può e si deve uscire di casa, dalla propria confort zone, e affrontare un percorso in un bosco, che dà gioia ed emozioni anche se lo si attraversa in sedia a rotelle.
Il terzo, è capire che attrezzarsi per tutto questo costituisce non solo un atto di solidarietà e civiltà ma anche una grande opportunità per lo sviluppo di territori che non sono toccati dal turismo di massa e hanno, nel turismo lento e accessibile, una importantissima possibilità di valorizzazione.
Sono molte e interessanti le realtà che stanno lavorando su questi aspetti. Tra queste, sicuramente il Cai, che da tempo è impegnato sul versante del trekking, con gruppi di volontari che portano persone disabili in jolette. Tra i progetti in itinere dell’attuale presidenza, l’idea di rendere accessibili alcuni tratti del Sentiero Italia, con grande attenzione al rispetto della struttura naturale dei percorsi. Sostanzialmente, se un elemento naturale rende non accessibile un tratto non lo si elimina, ma si individua una variante.
Altra realtà molto attiva in questo senso è Free Wheels, che, fondata da oltre 10 anni, ha ormai una competenza riconosciuta nella costruzione di cammini accessibili. Nata su iniziativa di Pietro Scidurlo, promuove iniziative che sostengono persone con diverse esigenze di accessibilità nello scoprire i benefici del viaggio lento e partecipa alla costruzione di percorsi accessibili. Oggi, grazie al contributo operativo di Free Wheels, sono 7 i Cammini completamente accessibili, ed altri 4 itinerari hanno il loro supporto per lo stesso scopo. Nell’edizione 2023, che attraversa il Veneto, il percorso costruito e verificato mette insieme: il Cammino delle Scoperte, la Via Romea Strata, la Via Postumia, la Ciclabile Treviso-Ostiglia e il Cammino di Sant’Antonio.
Un’altra associazione interessantissima, su aspetti complementari, è NoisyVision Ets, che si focalizza sulle persone con disabilità sensoriali, facendo dei cammini e dei trekking un’opportunità di conoscenza moltiplicata, facendo delle rispettive caratteristiche un patrimonio comune che consente di vivere un percorso sotto diversi aspetti e percezioni.
Il seguito alla prossima puntata.